Se facessimo un viaggio

Gianmarco Guazzo

“Se facessimo un viaggio… Dico come quelli che si facevano una volta”

“Non capisco”

“Intendo: viaggiare, non partire/arrivare punto e basta. Usare il tempo che ci vuole per aprire gli occhi, guardare avanti e accanto e sopra, coprirci se fa freddo, svestirci se fa caldo, respirare l’aria che va veloce, seguire la strada…”

“Tu stai dicendo che vuoi fare un viaggio… in strada?“


“L’Autostrada, per la precisione”

“E questa sarebbe la tua idea? ‘Viaggiare’ in un posto dove non mette più piede nessuno da almeno cinquant’anni… per di più proibito dal Congresso Quantico?”...

“Si, amore. È il mio regalo per la nostra vacanza. Ho già pensato a tutto. E poi non c’è quasi più alcun controllo sull’Autostrada: a nessuno verrebbe in mente di usarla. Altrimenti a cosa servirebbe il Teletrasporto?”

“Ma… i Guardiani…”

“Fidati di me”

Lui e lei partirono. Su una vecchia automobile arancione, arraffata da lui qualche anno prima per quattro Kirks all’Ikea Memorabilia Market, libretto di istruzioni compreso. Pochi vi fecero caso: tanta gente, ancora, collezionava cose del passato nel modo più strambo. Anzi, ciò regalava un po’ di colore alla vita immersa nel grigio della Iperconurbazione.

Presero la vecchia intersezione che dalla Grande Conurbazione Adriatica portava verso l’interno, sugli Appennini. Lì, le montagne avevano impedito al Congresso Urbanistico di prolungare i tentacoli di cemento delle Conurbazioni, in attesa di nuove, già annunciate, soluzioni per trasformare la roccia in propellente Beta. Perché, si sa, il teletrasporto richiede massicce quantità di propellente Beta.

“Dove andiamo? Ho un po’ paura…”

“Vedi quel vecchio cartello? Dice che qui si entra nell’Autostrada dei Parchi”

La strada non era poi così sconnessa, nonostante fossero trascorsi così tanti anni dalla sua messa al bando.

Si inerpicarono lungo il serpente di asfalto che attraversava quello che i loro antenati chiamavano ‘Parco Nazionale d’Abruzzo’. Chilometro dopo chilometro, gli occhi si aprirono, lasciandovi entrare i profili frastagliati dei monti, le strane forme delle nuvole, le sfumature cangianti della luce che cadeva sui declivi.

“Dio, è meraviglioso”

“Apri il finestrino, non avere paura”

Aria. Vento. Sensazione inedita di movimento.

“Respiriamo insieme”

Si infilarono in una tortuosa gola naturale. Di lato, scorsero una vecchia centrale idroelettrica probabilmente in disuso. Continuarono ancora per un po’.

Poi arrivò la notte.

“E quelle… cosa sono?”

“Apri bene gli occhi”

Lei pianse. Era la prima volta che guardava su, di notte, senza filtri digitali. Per la prima volta, osservava le stelle.

“Sembra tutto così… sospeso”

“Che te ne pare?”

“È il regalo più bello che mi abbiano mai fatto”

Poco più avanti, notarono un cartello che indicava una di quelle vecchie piazzole di sosta.

“Dev’essere un Autogrillo!”

“Un Autocosa?”

“Un Autogrillo, o non ricordo bene come si chiama. I viaggiatori vi si fermavano per riposarsi”

“In effetti, viaggiare stanca un po’”

Parcheggiarono nell’area di sosta. Era buio. Lei si avvicinò a lui.

“Ho paura. E se fosse una trappola dei Guardiani?”

All’improvviso, un clic. All’interno della struttura di ristoro si accese una luce. Lei sobbalzò, stringendosi a lui.

“Shhh! C’è qualcuno…”

Mentre il sangue gelava nelle loro vene, dalla porta d’ingresso dell’Autogrillo fece capolino il volto di un uomo calvo, ben curato, sulla settantina.

Lui e lei non credettero ai loro occhi. Lo riconobbero subito.

“Signor… De Lambre?”

“Si. Entrate, prego”

I tre presero posto attorno a un tavolo sul quale erano sparsi i rimasugli recenti di un panino. L’uomo di fronte a loro rispondeva al nome di Andrea De Lambre, ed era la persona più ricca e famosa della Terra. L’inventore del teletrasporto quantistico era lì, in quella stanza, assieme a lui e lei.

“So cosa vi state chiedendo, cosa vorreste sapere. Ma adesso finirò la mia cena e me ne andrò. Se volete, ho lasciato qualcosa da mangiare per i viaggiatori come voi”

“Viaggiatori? Ce ne sono altri?”

“Non immaginate quanti. A proposito, se vi avanza qualcosa da bere o mangiare, lasciatela anche voi per i prossimi che verranno. E quando uscite, per favore, spegnete la luce. Le risorse ausiliarie della centrale idroelettrica non sono infinite”

“Ma…”

“Ho iniziato il mio viaggio un anno fa, e intendo proseguire fino a quando le forze me lo consentiranno. Ah, state attenti: ieri ho incontrato una ronda di Guardiani del Trasporto Quantistico. Sono in giro per il propellente Beta, voi sapete… Se li vedete, andate più veloce: viaggiare è sempre illegale. Addio!”

De Lambre si avviò verso il retro del locale, dove aveva parcheggiato il suo vecchio veicolo, una macchina dal nome tedesco e dall’aspetto austero. Mise in moto e si fece inghiottire dalla notte.

Lui e lei seguirono con lo sguardo finché poterono le luci dei fari della Mercedes del vecchio inventore.

Poi si guardarono, e senza dire una parola si baciarono.

Lui chiese a lei: “Allora, cosa vuoi fare?”

Lei rispose: “Andiamo avanti, amore mio. Non ho più paura”