Passaggi

Barbara Errani

Romeo scala una marcia, la macchina sbuffa e si ferma dietro la fila. L’odore di benzina si mescola al caldo che sale dalla strada.
“Si tratta di un’estate, poi torniamo, Dora.”
Una donna anziana siede accanto a lui. È piccola, la fronte rugosa. Guarda indietro, verso l’alto, in lontananza si intravede il santuario di San Luca. Annuisce.
Romeo si passa un fazzoletto sul viso, per un attimo le pieghe intorno alla bocca si distendono.
Le prende la mano, si sorridono incerti.
La macchina riparte e si ferma di fronte a una sbarra bianca.
“Romeo, abbassa il finestrino.” Dora gli parla a voce bassa.
“Spingo il pulsante rosso”, dice Romeo indicando lo scatolone d’acciaio a cui si è accostato.
Da una fessura esce un biglietto, la sbarra si alza e la macchina con uno scatto riparte.
“È il nostro secondo viaggio…” Dora osserva di fronte a sé, la strada sembra interminabile. Tra le mani stropiccia gli angoli di una fotografia vecchia, consumata.
“La prima volta abbiamo preso l’aereo.”
“Credi che terrà duro fin là?” Dora fa un cenno verso la macchina. Romeo annuisce.
“Non ti senti strano?”
La strada volta a destra, Romeo le accarezza una spalla: “Dora, ora sanno cavarsela da soli.”

“Io sposerò un medico!”, aveva esclamato Gisella accarezzandosi le ciocche di capelli che le scendevano sul volto.
Era una mattina afosa del loro primo viaggio. Tirava un vento leggero, quando l’aria si insinuava tra i rami spinosi dei ginepri faceva come un suono spezzato, un singhiozzo inghiottito, che si perdeva subito tra i rumori dell’altura.
Un uomo basso, dal viso gioviale, era seduto su un sasso, vicino a un sentiero che si inoltrava nella boscaglia e ripeteva tra sé alcune parole in inglese.
“Babbo, si dice Can you non Can I take altrimenti esprimi il concetto opposto!”, una ragazzina dalla pelle olivastra si era avvicinata a lui ridendo: “Babbo ripeti, Can you take us a photo? Si dice così.”
“Attenti, stanno arrivando due persone! Dal mio nascondiglio si vede tutto, saranno qui tra dieci minuti al massimo”, esclamò un bambino spuntato da un cespuglio al lato del sentiero. “E comunque io farò lo scienziato, voglio andare lontano a studiare i serpenti e dormire tra gli alberi”.
Gisella aveva smesso di accarezzarsi i capelli e con tono canzonatorio aveva detto: “Mirco, e chi ti sposa se vuoi dormire in mezzo a serpenti e cespugli?”
“Non mi sposo io!”, aveva replicato lui ripiombando dentro il suo nascondiglio.
“Neppure io”. Sedute, ai piedi di un ginepro, c’erano altre due donne. Quella che aveva parlato era appoggiata con la testa sulla spalla dell’altra e con i piedi nudi tracciava delle linee sul terreno.
“Stella, dici sul serio?”, la donna a fianco non era più giovane, i fianchi larghi e sformati parlavano di quelle quattro gravidanze, ma la voce sembrava di una bambina.
“Sì, mamma, starò sempre con voi.”
In quel momento dal sentiero si sentì un vociare allegro, l’uomo si alzò di scatto e, facendo l’occhiolino alla figlia che lo stava istruendo, si schiarì la voce. Con grande sorpresa, la fatidica domanda fu posta correttamente, ma con una tale enfasi che tutti scoppiarono a ridere.
Decisero di scattare la fotografia davanti al ginepro. Mirco, a riprova di quello che sarebbe stato il suo futuro lavoro e che lo avrebbe portato lontano prima delle altre, durante lo scatto vide una lucertola maculata sgattaiolare via e le corse dietro. Gisella si sedette a terra e accavallate le gambe guardò dritto davanti a sé. Non sposò un medico, ma a vent’anni rimase incinta di un compagno di corso che la portò con sé in un paese vicino. Marta abbracciò il padre ancora stupefatta per l’inaspettata pronuncia. Fu la terza ad andarsene. Al centro c’era Dora, il vestito blu le arrivava ai piedi. Anche lei guardava l’obiettivo, ma, a osservarla bene, sembrava che lo sguardo abbracciasse quel cerchio di radici e terra in cui era riunita la sua famiglia. Stella la teneva per mano, seria; si innamorò a trentasei anni e otto mesi dopo si trasferì.
Romeo accende la radio, ascolta alcune stazioni poi la spegne.
“Non è più compito nostro, Dora. Abbiamo finito.”
L’autostrada scorre davanti ai loro occhi, un animale serpeggiante dalle sfumature grigie. Intorno grandi spazi aperti, grano, poi casermoni e tetti su cui riflette la luce. Strade che si intersecano, uscite segnalate da cartelli, San Lazzaro di Savena, Castel San Pietro…
“Quanto è lunga l’autostrada?” Dora punta il viso verso il sole, è alto nel cielo.
“Non ne ho idea, ma terrà botta, questa macchina !”dice Romeo. “Sporgiti dal finestrino”.
Dora lo apre e una ventata calda le scompiglia i capelli. Si sporge ancora un po’.
“Lo senti il rumore dell’aria? Sembra quello che facevo io da bambina.”
Dora unisce le labbra e le stringe in avanti, esce un sibilo; intona una melodia lenta, ma ritmata, in certi punti il sibilo si trasforma in un fischio.