testata bambino che fotografa
Alberto Giusti

Dinosauri Cabriolet

Autogrill Di Secchia Est

 

Io non l’ho mai capita, sta cosa del piattino. Cioè, io arrivo dopo un pomeriggio intero in colonna con la vescica che scoppia e tu, dall'alto del tuo metro e quaranta scarso, mi guardi storto perché non metto una moneta nel piatto? Che poi son sicuro che se ci mettessi dieci centesimi, magari quelle due monete da cinque che mi ha dato di resto il casellante, mi avresti guardato come un pezzente. Ma io non sono uno di quelli col macchinone targato Romania in leasing; sono solo uno che ha voglia di una birra dopo due ore passate in un Maggiolone del Settantasette senza aria condizionata. Non credi che basti?

Così tiro dritto, non degnandoti di uno sguardo, mi infilo in mezzo a due camionisti al bancone come Cristo tra i ladroni e ordino una birra media, mentre mi vibra la tasca. E’ Giovanna, che il suo moroso non capisce un cazzo e lo appena ha sbattuto fuori di casa. L’ho sempre saputo, che in realtà lei ne volesse da me; ma è altrettanto risaputo che io sia sempre innamorato delle persone sbagliate nel momento sbagliato, perché c’ho sempre quella voce in testa che dice Non è giusto, non è il momento, non è il caso. Fanculo Giovanna e le voci. Meglio un’altra birra.

L’ultimo sorso va giù e manco me ne sono accorto, che son qui da solo all'una meno venti al bar dell’Autogrill di Secchia Est a fissare il vuoto. Decido allora di farmi un Fernet e poi di pagare, che non è giusto rompere le palle al prossimo tuo all'una di notte; così ordino il Fernet, lo butto giù in tre secondi e vado in cassa.

Tre e cinquanta, mi dice la cassiera; poi la guardo un attimo e mi faccio due conti, che so benissimo che ci mancano i tre euro dell’amaro; così le dico E il Fernet? Offro io, mi dice, ma in cambio di un passaggio, che la mia collega ha staccato da un’ora e nessuno abita dalle mie parti. Io le chiedo Di dove sei?, e lei mi dice Di Soliera; allora io sorrido, che anch'io son di Soliera. Che poi è Limidi, le dico, ma non sottilizziamo troppo, mi dice una delle mie voci in testa. Al diavolo.

Mentre lei va a cambiarsi io aspetto sul retro. Ormai è l’una e mezza e il freddo aumenta, anche se il Fernet, la birra e la timidezza mi fan salir su un caldo; poi una porta si apre ed esce lei, la cassiera, con una gran massa di capelli biondo cenere che si muovono nell'aria, e io son già cotto, non solo dal caldo che mi sale dentro.

Il Maggiolone ci mette un po’ ad accendersi. C’ha un’età, le dico sorridendo. Lei ride, mentre cerco di trattenere le bestemmie facendo girare il blocco d’avviamento, finché finalmente il motore tossicchia e prende il minimo. Ce l’ho da quasi quindici anni, le dico, e mi dispiace darlo via perché di auto con un carattere così non ne fan più. Ride ancora lei, che si chiama Valentina, e mentre le dico Piacere Valerio accendo l’autoradio e c’è Ligabue che dice Lui aveva un vecchio Maggiolone cabriolet, sfatto ma piaceva tanto a lei. Ridiamo come due matti e ci mettiamo a urlare che Marlon Brando è sempre lui, mentre imbocchiamo l’entrata dell’autostrada, che se ci fosse stato un  casellante ci avrebbe squadrato malissimo; ma tanto adesso son tutti estinti, come i dinosauri o le lucciole.

Valentina ha freddo, colpa della cappotta sfatta; così accosto in corsia d’emergenza e le do il mio giubbino di jeans. Lei tira fuori il cellulare, se lo porta all'orecchio e dice Pronto; tace per un po’, dice Okay e poi attacca. Va bene il freddo, ma credo che Valentina stia piangendo per un altro motivo. Non so che fare, perché le voci nella mia testa improvvisamente tacciono, mentre in sottofondo i Rem cantano Evereybody hurts... Sometimes. Valentina dice che la musica sa sempre chi sei, forse meglio di te.

Chiediglielo chiediglielo chiediglielo, dice una delle voci, e non faccio neanche in tempo a zittirla che le chiedo E tu chi sei in realtà, Valentina dell’Autogrill di Secchia Est, e cosa vuoi? Voglio solo un bacio, risponde lei; poi mi afferra per la maglietta e mi bacia, senza che possa dire Non è giusto, Non è il momento, Non è il caso. Al diavolo le voci, le donne sbagliate, Giovanna. Lascio che la musica esca dalle casse sfondate, che l’aria entri dalla cappotta sfondata ed entri nel mio cuore sfondato per fare pulizia.

Quando arriviamo a Soliera – che poi è Limidi, ma non sottilizziamo, dice sempre quella voce – non le ho chiesto chi fosse al telefono; non le ho chiesto cosa fosse successo, per farla piangere di fronte a uno sconosciuto; non le ho chiesto che cosa di male le avesse fatto la vita per farla lavorare di notte all’Autogrill di Secchia Est. Le ho detto Ciao. Non Ciao e a presto. Soltanto Ciao. E quando lei ha chiuso il portone, mi son guardato nello specchietto retrovisore e ho sorriso; poi ho tirato l’aria e Vrumm, partito al primo colpo, senza fare una piega.

Bastardo d’un Maggiolone.